L'impero persiano fu il più vasto di tutti gli imperi dell'Antico Oriente. Esso si stendeva sulle terre comprese tra il Mar Egeo, il Mar Nero, il Caucaso, il Mar Caspio, l'Indo, l'Oceano Indiano, il deserto d'Arabia, l'Egitto e il Mediterraneo per un'ampiezza di 7 milioni di chilometri quadrati, con 15/20 milioni di abitanti. I re Ciro, Cambise e Dario, della dinastia degli Achemenidi, furono gli artefici di questa espansione tra il 550 e il 490 a.C. Un territorio così vasto fu conquistato grazie alla forza dell'esercito, ma soprattutto all'uso del cavallo direttamente montato dal cavaliere senza l'imgombro del carro da guerra. Era un modo di combattere sconosciuto agli altri popoli, che permetteva una maggior rapidità nei movimenti.
L'immenso impero fu governato con una certa moderazione nei confronti dei vinti, grazie alla suddivisione in province (satrapie) alle quali era concesso di mantenere la propria struttura sociale, la lingua, la religione. Un satrapo (governatore), scelto tra i nobili persiani le amministrava per conto del re e riscuoteva i tributi, mantenendo stretti contatti con il governo centrale. I tributi erano fissati in prodotti naturali o in metalli o in moneta, a seconda delle possibilità e degli usi locali. La Media, ad esempio, dove era molto sviluppato l'allevamento, doveva dare ogni anno 3000 cavalli, 4000 muli, 100.000 percore. L'Egitto, paese agricolo, doveva fornire grano in quantità proporzionata al raccolto. La più povera Armenia doveva consegnare 3000 polli.